(Roma) L’Istituto Nazionale di Statistica ha detto, martedì, che gli italiani stanno diminuendo e aumentando la loro età media, e l’immigrazione non è sufficiente a compensare il calo demografico.
Alla fine del 2019 la popolazione italiana era di 59641488 persone, circa 175.000 in meno rispetto alla fine del 2018 (-0,3%) e solo 207.000 rispetto al 2011, data dell’ultimo censimento maggiore, secondo le statistiche censuarie.
L’istituto rileva che “il leggero aumento della popolazione che si osserva dal 2011 è dovuto esclusivamente agli stranieri”, il cui numero per la prima volta ha superato la soglia dei cinque milioni.
Tra il 2011 e il 2019 la popolazione di cittadinanza italiana è diminuita di quasi 80.000 persone (-1,5%) mentre il numero di stranieri è aumentato di un milione (+ 25,1%). A cui vanno aggiunte più di un milione di persone.
Le donne alla fine dello scorso anno erano 30.591.392, pari al 51,3% della popolazione totale.
Un altro insegnamento da questa statistica è che l’Italia è un paese sempre più antico: la durata media della vita è aumentata di due anni dal 2011, a 45 anni. Quelli di età superiore ai 45 anni rappresentano il 53,5% della popolazione, rispetto al 48,2% del 2011.
Se le regioni meridionali, comprese le isole (Sicilia, Sardegna) sono le più piccole, allora sono anche quelle che perdono la popolazione più numerosa.
La terza economia più grande della zona euro conta ora cinque anziani per un bambino. Anche qui l’immigrazione rallenta il trend: l’età media dei residenti di nazionalità straniera è inferiore di 11,5 anni rispetto all’età media dei cittadini italiani (34,7 anni contro 46,2 anni).
La metà di tutti gli stranieri proviene dall’Europa (di cui uno su tre paesi dell’Unione Europea), Africa e Asia (poco più del 20% ciascuno di questi due continenti).
I rumeni sono la prima comunità straniera in Italia con oltre 1,1 milioni di cittadini, molto più avanti di Albania, Marocco, Cina e Ucraina.
Alla fine di novembre l’Istat ha pubblicato un documento che mostra che la crisi del COVID-19 ha evidenziato le principali tendenze demografiche in Italia.
Mentre nel 2019, il paese ha già registrato 420.000, il numero più basso di nascite in più di 150 anni, e quel numero potrebbe scendere a 408.000 nel 2020 e 393.000 nel 2021, secondo le sue previsioni.
“La stagnazione demografica che ha colpito l’Italia dal 2015 è grande e si riflette in un vero e proprio crollo senza precedenti nella storia italiana se non torniamo indietro al 1917-1918, un periodo segnato dalla Grande Guerra e dai drammatici effetti dell’influenza spagnola”, ha analizzato il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo.
Tra i fattori che incidono negativamente sul tasso di fertilità c’è la situazione sfavorevole del mercato del lavoro, che colpisce in particolare i giovani e le donne.
La pandemia ha distrutto l’80% dei posti di lavoro ricoperti dalle donne dalla crisi finanziaria del 2008: dal 2008 al 2019, l’Italia ha registrato 602.000 posti di lavoro aggiuntivi detenuti dalle donne, ma sono bastati solo tre mesi tra aprile e giugno perché 470.000 fossero distrutti.
In Italia lavora solo una donna su due, contro il 73% in Germania, il 62% in Francia e il 58% in Spagna. Solo la Grecia è del 47% al di sotto dell’Europa rispetto all’Italia.
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