Una saga familiare, ricca di colpi di scena, personaggi terreni, fremiti d’amore e un’estetica scintillante che rivisita Napoli come splendida cornice: l’ultimo film di Paolo Sorrentino, la mano di Dio, disponibile su Netflix da mercoledì 15 dicembre, si immerge nell’adolescenza del regista, segnata da una tragedia negli anni ’80. Leone d’argento (Grand Prix du Jury) alla Mostra del cinema di Venezia, questo dramma garantisce un “grande otto” emotivo con alcune brillanti attori (Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Filippo Scotti), non riuscendo a rinnovare il genere del film autobiografico.
Regista prolifico, con una carriera irregolare – Gioventù (2015) e Silvio e gli altri (2018) critica delusa – Paolo Sorrentino, 51 anni, è l’autore della serie di successo Il giovane papa (2016). Nel 2014, La grande bellezza ha ricevuto l’Oscar per il miglior film in lingua straniera, e la mano di Dio rappresenterà l’Italia nella stessa categoria agli Oscar 2022. Questo decimo lungometraggio è senza dubbio il suo lavoro più intimo.
Citazioni Felliniane
Malinconico ventenne, Fabietto (Filippo Scotti, sosia del giovane Sorrentino) è un ragazzo sognatore, un po’ introverso, in mezzo a una famiglia irrequieta e tenera. I suoi genitori sembrano amarsi (Toni Servillo, Teresa Saponangelo); suo fratello Marchino, un bel ragazzo (Marlon Joubert), sogna di diventare un attore e aspetta il giorno in cui Fabietto entra in azione con una ragazza. Fabietto intanto fantastica sulla zia Patrizia (Luisa Ranieri), che ci viene presentata come una femme fatale, leggermente turbata, il cui dramma è non poter avere figli.
Nessuna traccia di lampi visivi in ”La mano di Dio”, che finisce per apparire come una pallida copia della “Roma” di Fellini
Fabietto è anche un tifoso della stella del calcio Diego Maradona, in procinto di approdare al club partenopeo, e la memoria del giocatore percorre la storia, dando anche il titolo al film – la “mano di Dio” riferendosi al gol segnato con il pugno da Maradona nel 1986, durante i quarti di finale dei Mondiali contro l’Inghilterra.
Dalle peregrinazioni solitarie agli incontri notturni, Fabietto si sente irresistibilmente attratto dal cinema, e la mano di Dio moltiplica le citazioni felliniane, in particolare durante un pranzo in famiglia durante il quale arriva la zia con il suo amante, un vecchio decadente con un atrio, innescando un comico burlesco; Marchino passa anche un casting con Federico Fellini, la cui “ombra” si intravede dietro una porta a vetri. Ma nessuna traccia di lampi visivi in la mano di Dio, che finisce per apparire come una pallida copia del Roma di Fellini (1972), capolavoro ossessionato anche dai ricordi della giovinezza del maestro italiano. Agli occhi di Sorrentino, Napoli sembra più un’ambientazione che una città mostruosa.
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