Costruita ai margini dell’Italia repubblicana, l’ex mondo politico di ultra-minoranza di Giorgia Meloni è comodamente installato al potere otto mesi dopo una netta vittoria elettorale. Tiene ferma la coalizione di destra dominata dal suo partito, Fratelli d’Italia. La base del presidente del consiglio a parere non si indebolisce e l’opposizione continua a dividersi. Tuttavia, per il leader della destra nazionalconservatrice ed erede della tradizione politica post-fascista, la vittoria non sarebbe ancora completa. Uno dei luoghi di potere resisterebbe ancora. “Voglio liberare la cultura italiana da un sistema in cui si poteva lavorare solo dichiarandosi di un certo campo politico”, così ha dichiarato il presidente del consiglio durante un comizio politico a Catania, il 26 maggio, riferendosi a un mondo culturale che sarebbe ancora l’ultima cittadella della sinistra.
La narrazione che chiede l’emergere di una nuova classe dirigente “meritocratico e pluralista”di fronte a un’élite di sinistra “intollerante”, è una caratteristica classica dei discorsi culturali della destra meloniana. Ma le promesse di liberazione fatte da MMe Meloni ha assunto una risonanza particolare a fine maggio. Dopo una serie di polemiche sul Salone del libro di Torino, poi l’annuncio di avvicendamenti di destra alla guida dell’emittenza pubblica e l’uscita di conduttori emblematici, l’atmosfera si è fatta pesante con il rilancio del dibattito sulla“egemonia culturale” ha affermato intorno all’esecutivo.
Mutuato dall’intellettuale comunista italiano Antonio Gramsci (1891-1937), questo concetto è al centro dell’approccio del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Detenere l’egemonia culturale equivale teoricamente a dominare le forze di persuasione per ottenere il consenso di una società al cambiamento politico. Nelle diverse famiglie della destra radicale italiana ma anche francese, la costruzione di un’egemonia culturale, i cui contenuti possono variare, è concepita come un imperativo inscindibile dalla conquista del potere.
Nel caso dell’Italia dell’era Meloni, il Ministro Sangiuliano ha auspicato lo sviluppo di a “Nuova fantasia italiana” coniugando la difesa di un certo conservatorismo morale, presentato come consensuale ma attaccato dalle minoranze, e la riabilitazione di un sentimento nazionale che la storia recente avrebbe soffocato. Un tale approccio, regolarmente affermato ma ancora privo di traduzione concreta, implicherebbe l’idea di una politica culturale decisamente conservatrice volta a favorire la creazione di opere in risonanza con gli orientamenti del potere che esce dalle urne. Costruire l’egemonia culturale equivarrebbe quindi a mettere le idee prima dei contenuti, la dottrina prima della creazione.
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