Ci sono politici che intendono consolidare la loro posizione saturando lo spazio mediatico, e altri che preferiscono scommettere sulla scarsità, in modo che la minima parola abbia più peso. Ovviamente il nuovo presidente del consiglio italiano Mario Draghi appartiene alla seconda specie, che si pensava fosse scomparsa anima e corpo in Italia da diversi anni, a causa dello sviluppo di continui talk show e social network.
Mercoledì mattina in Senato, quando è intervenuto per il voto di fiducia che ha segnato il suo vero ingresso nell’arena parlamentare, molti italiani conoscevano ancora a malapena il suono della sua voce; La sera in cui aveva ufficialmente accettato la carica di presidente del consiglio, venerdì 12 febbraio al Quirinale, Mario Draghi si era limitato a leggere la composizione del suo governo, senza fare il minimo commento.
Il pubblico è stato quindi particolarmente attento quando l’ex presidente della Banca centrale europea ha iniziato a leggere il suo intervento, nonostante il freddo polare imperante nell’emiciclo (le finestre erano spalancate per via del protocollo sanitario). L’esito della votazione non ha lasciato dubbi – Mario Draghi ha ottenuto 262 sì contro 40 no e due astensioni -, l’essenziale era altrove: è stato soprattutto, qui, a veicolare il suo messaggio ea richiamare i fondamenti che ne guideranno l’azione, senza portando alla luce in modo troppo ovvio le inevitabili contraddizioni interne che attraversano il suo esecutivo – nel caso di un governo che riunisse l’intero campo politico, dalla sinistra all’estrema destra, il contrario sarebbe stato impossibile.
Promemoria dell’emergenza climatica
Fin dai primi minuti del suo intervento, appaiono chiaramente tre assi: l’urgenza della lotta alla pandemia, con un accento sulla campagna di vaccinazione, l’imperativo della “ricostruzione” del Paese, portando avanti uno sforzo collettivo paragonabile a il dopoguerra e la natura indiscutibile dell’impegno europeo: “Sostenere questo governo significa accettare l’irreversibilità dell’euro. “ Seduto alla destra del presidente del consiglio per tutto il discorso, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, capo delegazione Lega (estrema destra) nel nuovo esecutivo, sa che il messaggio è espressamente diretto al suo partito. Durante tutto questo passaggio, non fa il minimo gesto. La sua presenza la dice lunga tanto da simboleggiare la svolta del partito di Matteo Salvini, un tempo ferocemente contrario all’euro, sulla questione europea.
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