Le ONG hanno denunciato, giovedì 25 marzo, a “Lassità” da Tunisi e Roma, che ancora non hanno assicurato il rientro in Italia di centinaia di contenitori di rifiuti importati illegalmente da un’azienda tunisina, nonostante siano scaduti i termini di legge. Questi rifiuti domestici, la cui esportazione è vietata dalla legislazione tunisina e dalle convenzioni internazionali, sono ancora nel porto di Sousse (est) dall’estate del 2020, confermano fonti affermate all’Afp.
Tuttavia, le autorità della provincia italiana della Campania hanno ordinato alla società esportatrice italiana di recuperare i suoi contenitori entro novanta giorni dal 9 dicembre 2020, ha affermato Jabeur Ghnimi, portavoce del tribunale di primo grado de Sousse, incaricato del caso. Secondo lui, 26 persone sono ora perseguite in questo caso di corruzione, compresi i funzionari della dogana o l’ex ministro dell’Ambiente Mustapha Aroui. Otto sono in carcere e uno in fuga: il manager dell’azienda importatrice.
“Non vi è alcuna determinazione da parte delle autorità tunisine o italiane per la restituzione di questi rifiuti”, Hamdi Chebaane, esperto di recupero dei rifiuti e membro di una coalizione di associazioni, Tunisie Verte ha detto all’AFP, deplorando un “Lassità inaccettabile”. Diverse altre ONG, tra cui Greenpeace, questo mese hanno chiesto la restituzione dei rifiuti. E secondo il signor Chebaane, domenica è prevista una manifestazione davanti al porto di Sousse.
Da parte sua, Tunisi ha assicurato di fare del suo meglio per risolvere il caso. “amichevolmente”. “Le autorità tunisine stanno compiendo molti sforzi diplomatici per trovare una soluzione amichevole con le autorità italiane per il recupero di questi rifiuti il prima possibile”, ha detto all’Afp Ali Abbes, responsabile del contenzioso per lo Stato tunisino. Secondo lui, “E ‘l’azienda esportatrice italiana che resta indietro negli appelli” in tribunale, ma “Le autorità italiane devono presumere” le loro responsabilità.
Questo caso, che ha provocato uno scandalo in Tunisia, illustra le ramificazioni del commercio illegale di rifiuti, in aumento a fronte dell’inasprimento degli standard europei. Questo fenomeno è tanto più preoccupante in quanto le infrastrutture tunisine non consentono al Paese di trattare i propri rifiuti.
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