Tuttavia, la tecnologia avanzata ha lasciato il posto a una semplice fotocamera all’estremità dell’ombelico. I ricercatori che studiano la piramide di Cheope in Egitto stanno facendo tutto il possibile per cercare di scoprire nuove strutture al suo interno. Lo testimonia la contemporanea pubblicazione, giovedì 2 marzo, delle prime immagini di un corridoio scoperto nel 2016 sopra l’ingresso nord dell’edificio e di due studi scientifici che presentano dati raccolti mediante rilevatori di particelle, radar e ultrasuoni, che hanno permesso di migliorare. Descrizione del lume.
Le immagini rivelano un tunnel lungo circa 9 metri, sormontato da un tetto a chevron, e si trova a pochi metri dall’ingresso che oggi dà accesso ai turisti, sulla parete nord della piramide di 4.500 anni che vi è stata costruita. Sono pubblicati dal Ministero delle Antichità egiziano, che dal 2015 coordina il progetto ScanPyramids, guidato dalla Facoltà di Ingegneria dell’Università del Cairo e dall’HIP Institute (Preservation of Creative Heritage), un’associazione francese.
L’idea iniziale era quella di sottoporre la Grande Piramide a una specie di raggi X gigante utilizzando rivelatori di muoni. Queste particelle, alcune delle quali provengono da raggi cosmici che entrano in collisione con l’atmosfera superiore della Terra, hanno la capacità di penetrare in modo significativo. Pertanto, il principio della radiografia è confrontare il flusso di muoni nell’atmosfera e ciò che ne rimane dopo che sono passati attraverso il materiale, per esaminarli e trovare eventuali cavità lì.
Non è una novità, perché l’americano Luis Walter Alvarez, premio Nobel per la fisica nel 1968, l’ha implementata nella piramide di Kefrin alla fine degli anni ’70. Nel 2016 da un team della Nagoya University (Giappone) specializzato nello studio dei vulcani. L’anno successivo, con rivelatori potenziati dall’Agenzia per l’Energia Atomica (CEA), una struttura più grande lunga circa trenta metri fu localizzata nel cuore della piramide, chiamata il “Grande Vuoto” (“Il grande vuoto”).
Il francese e il giapponese pubblicano insieme, Giovedì 2 marzo h Comunicazioni sulla natura Il frutto dell’accumulo di dati fino al 2020 sul piccolo tunnel. “Abbiamo migliorato i nostri strumenti, per renderli più piccoli e ridurre l’uso di argon, un gas che può causare anossia in un ambiente ristretto come i corridoi della piramide”.afferma il procuratore Sebastien (Istituto per la ricerca sulle leggi fondamentali dell’universo, CEA, Università Paris-Saclay), che ha coordinato lo studio con Kunihiro Morishima (Università di Nagoya).
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