Sempre più politici di ogni orientamento rivendicano il pensiero del filosofo marxista italiano, teorico tra gli altri, all’inizio del Novecento, del concetto di egemonia culturale. A rischio, fuori contesto, di tradire ampiamente il suo punto di vista.
Pubblicato il 21 aprile 2023 alle 07:00
Aggiornato il 21 aprile 2023 alle 07:00
CONTROA differenza di molti altri personaggi della storia del comunismo, Antonio Gramsci (1891-1937) beneficia di una sorta di consenso che lo fa apparire se non come un profeta, almeno come un assiduo compagno di viaggio. Il filosofo italiano ha per sé di sfuggire al discredito con cui è colpito lo stalinismo, e di aver approfondito le teorie marxiste. Il fatto, inoltre, di essere stato imprigionato dal potere fascista dal 1926. È un riferimento sempre più citato da tutti gli schieramenti politici, a sinistra come a destra e persino all’estrema destra — di Jean-Luc Mélenchon, Christiane Taubira, Benoît Hamon, ma anche Emmanuel Macron, Gérald Darmanin, Éric Zemmour, Marion Maréchal-Le Pen…
A lungo poco conosciuto in Francia, a causa di traduzioni tardive, i suoi testi — lettere carcerarie E Quaderni del carcere — sono parzialmente accessibili dagli anni 70. Due importanti libri li hanno recentemente arricchiti: nel 2021, un’antologia di Quaderni del carcere ; e, oggi, la magnifica biografia intellettuale La vita-opera di Antonio Gramsci, di Romain Descendre e Jean-Claude Zancarini, nutrita di traduzioni di testi inediti.
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Quaderni del carcere. Antologia, scelta di brani e note inedite di Jean-Yves Frétigné, ed. Saggi in folio, 802 p., € 12,20.
La vita-opera di Antonio Gramsci, di Romain Descendre e Jean-Claude Zancarini,
ed. La scoperta, 568 pagine, 27 euro.
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