Dall’11 al 29 maggio 2022 la Cinémathèque française organizza una mostra retrospettiva dedicata al regista italiano Damiano Damiani. Formatosi a Cinecittà, è autore, dal 1959 al 2002, di un adattamento cinematografico ricco e variegato, oscillante tra film di genere e film politico, con un debole per l’introspezione psicologica. Da un mondo intimo venato di sottile erotismo (The Island of Deprived Love), si muove sottilmente dalla “Western Zapata” (El Chuncho) all’eccitazione sociale (La mafia mette la legge da sola contro la mafia), l’acclamato specialista del cinema popolare e cittadino, si dedica a svelare i misteri della politica italiana.
Damiano Damiani occupa un posto speciale nella storia del cinema italiano, tra spettacolo e affermazione del suo carattere. Supponiamo che le due dimensioni non si contraddicano, ma si fondono in un apparente paradosso. Per ora, sembra tenersi alla larga dalla vistosa affermazione del superego dell’autore secondo cui potrebbe costruire un’opera troppo personale, attestante in ogni caso una marcata ossessione.
Si può dire che la sua situazione critica è rimasta esitante a causa di questa incertezza. Sarà anche perché il suo film sembra del tutto eterogeneo e inclassificabile, passando dall’adattamento letterario alla denuncia e al thriller, cimentandosi con film western e persino horror? Le opere di Damiano Damiani, come altre, hanno significato l’ingresso del cinema transalpino nella sua fase moderna, o è solo un abile progetto opportunistico che segue i molteplici gusti del pubblico? Contrariamente a quanto talvolta si scrive al riguardo, il cineasta non può essere ridotto a una povera e agguerrita opposizione. » Jean Francois Roger
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