Ci sono serate così, in cui, prima di una scadenza cruciale e del timore di un punto di svolta fatale, vuoi solo farti una tela, e non necessariamente del tipo da capolavoro a tre stelle. Ma poiché abbiamo comunque dei requisiti qualitativi, lo sceglieremo piuttosto dal reparto di lavoro fine che dall’armadio dei nanari. E se in aggiunta, il caso è disponibile su una piattaforma facilmente accessibile (netflix in questo caso), e che evochi un tema che ci sta a cuore (l’automobile in questo caso), siamo più che pronti: siamo conquistati in anticipo.
Un remake di un film medio può essere un grande film?
Va bene, questo Il lavoro italianodiretto da Felix Gary Gray nel 2003 è un remake di L’oro si esclude, un film del 1969 non proprio riuscito, anche se la musica è di Quincy Jones, che magnifico Lamborghini Miura appare nei titoli di coda e che Benny Hill ha un piccolo ruolo in esso. Ma ovviamente il regista di questa seconda opera ha deciso di divertirsi, di divertirsi girando un film su commissione e di condividere anche con noi dei bei momenti.
Il battaglione di stelle requisito per l’occasione si diverte e si vede sullo schermo. Da Charlize Theron a Edward Norton passando per Mark Wahlberg, Luci Liu o Michael Caine, sopravvissuto alla prima versione, tutti giocano o si accigliano, a seconda che interpretino un simpatico eroe o un cattivo traditore.
Certo, lo scenario ne ricorda altri, come quello dile undici dell’oceano, come quello di tutti i film di rapine in cui gli stessi ladri vengono derubati. Ma non è perché la storia sia concordata che si debbano rifiutare belle immagini, belle ambientazioni (in questo caso Venezia, Genova e Los Angeles) e buone grandi scene capaci di deliziare gli appassionati di auto. Quelli di Il lavoro italiano sono inventati con macchine poco utilizzate nei grandi cinema biscotos: Mini. Un product placement che non si nasconde nemmeno.
Una saggia collocazione del prodotto, per una volta
Nel 2001, la piccola ex inglese era appena stata riesumata e ha fatto i suoi primi giri sotto il governo della BMW poco prima della sparatoria e il marchio tedesco è riuscito saggiamente a inserire nel copione la sua piccola city car. Il che gli rende omaggio poiché gli sceneggiatori hanno sfruttato perfettamente le ridotte dimensioni dell’auto facendola evolvere in improbabili acrobazie, soprattutto nella metropolitana dove la Ford Mustang di Bullit sarebbe stata in pessime condizioni.
Non meno di 32 Mini della nuovissima versione del momento JCW (John Cooper Works) sono state utilizzate nelle folli peregrinazioni dei rapinatori a Los Angeles. Alcune vetture, ben prima della Mini-e, erano addirittura dotate di motori elettrici poiché la direzione della metropolitana rifiutava i permessi per le riprese del team se si ostinavano a voler utilizzare le auto termiche nei suoi corridoi.
È anche nella città degli angeli e in questo film che ci viene offerta una delle migliori scene di ingorgo del cinema. Questo gigantesco tappo, destinato a bloccare il furgone del bottino da rapinare, ha richiesto l’utilizzo di 300 auto nel cuore di Los Angeles per diversi giorni, creando dei veri e propri ingorghi oltre lo scenario. Quando la realtà incontra la finzione, ci godiamo e vogliamo di più. E anche se The Italian Hold-up non rimane scolpito nel marmo della storia del cinema e non ha collezionato il minimo Oscar, permette di divertirsi, cosa che non va mai trascurata, soprattutto in questo periodo complicato.