Finalmente adottato in Italia il decreto di recepimento della direttiva europea (n. 2019/1937). Le aziende italiane si preparano ad adeguarsi alla nuova normativa sulla tutela dei whistleblower. Vediamo a cosa saranno tenuti.
Il 15 marzo 2023 è entrato in vigore il Decreto Legislativo n. 24/2023 (“Decreto”) – che recepisce la Direttiva (UE) n. 2019/1937 sulla tutela degli informatori che segnalano violazioni del diritto dell’Unione europea – è stato finalmente pubblicato, con notevole ritardo rispetto al termine inizialmente previsto dalla Direttiva.
In Italia esisteva già una normativa in materia di whistleblowing, sia nel settore pubblico (Legge Anticorruzione 190/2012) sia nel settore privato (Legge n. 179/2017), in quest’ultimo caso limitatamente alle imprese che hanno adottato un modello di organizzazione, direzione e controllo (“Modello 231”) ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (“Decreto 231”).
Con tale Decreto, il legislatore italiano ha ora riunito in un unico testo normativo tutte le disposizioni applicabili alle segnalazioni con disposizioni applicabili sia al settore pubblico che a quello privato.
Tutela degli informatori: Ambito di applicazione del Decreto
Concentrandosi sul settore privato, il Decreto si applica non solo alle imprese che hanno adottato un Modello 231, ma anche alle imprese con un organico superiore a 50 dipendenti (con contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato), nonché alle imprese che, indipendentemente dalla loro dimensione, operano in settori specifici (in particolare nei mercati finanziari, nella prevenzione del riciclaggio e nel finanziamento del terrorismo).
Il Decreto ha inoltre esteso l’ambito delle segnalazioni che possono riguardare non solo le violazioni del Modello 231 e i reati previsti dal Decreto 231, ma, in generale, qualsiasi violazione di norme nazionali o comunitarie che ledano l’interesse pubblico o l’integrità il soggetto giuridico (quali, ad esempio, in materia di appalti pubblici e privati, sicurezza dei trasporti, sicurezza alimentare, tutela della concorrenza).
Inoltre, le misure di tutela previste dal Decreto Dirigenziale (che comprendono il divieto di ritorsioni, anche indirette, quali licenziamento, sospensione, retrocessione o mancata promozione, segnalazioni negative, intimidazioni, vessazioni, violazione della reputazione, oltre a tutela della riservatezza del segnalante) sono concessi, oltre che ai dipendenti, anche a liberi professionisti, consulenti, tirocinanti, candidati, soci, amministratori, ex dipendenti e fornitori nonché a tutti coloro che hanno in qualche modo agevolato la segnalazione (i.e. assistito il segnalante nella segnalazione), compresi colleghi e familiari del segnalante.
Procedure di segnalazione
Il Decreto prevede diversi canali di segnalazione : un canale interno (che deve consentire l’invio della segnalazione in forma scritta, anche informatica, oltre che in forma orale, telefonica o vocale); canale esterno (la cui gestione è affidata all’Autorità nazionale anticorruzione, ANAC) e divulgazione al pubblico (a determinate condizioni).
Il Decreto introduce anche specifiche regole procedurali in merito alla gestione delle segnalazioni attraverso il canale interno. In particolare, la gestione del canale interno deve essere affidata ad una persona od ente (interno o esterno) autonomo e specificatamente dedicato a tale compito. Inoltre, una volta ricevuta la segnalazione, dovrà essere data conferma di ricezione entro 7 giorni e riscontro al segnalante entro 3 mesi.
Il Decreto disciplina anche le modalità di archiviazione della documentazione relativa alla segnalazione, che deve essere conservata per il tempo necessario alla sua elaborazione e comunque non superiore a 5 anni.
Per rendere efficace tale norma è stato introdotto un sistema di sanzioni. In particolare, possono essere irrogate dall’ANAC sanzioni amministrative pecuniarie: da 10.000 a 50.000 euro, in caso di ritorsione, ostacolo alla segnalazione e violazione dell’obbligo di riservatezza, nonché in caso di mancata istituzione di canali di segnalazione o allerta procedure di gestione; da 500 a 2.500 euro nel caso in cui il denunciante sia ritenuto penalmente responsabile dei reati di diffamazione o calunnia.
L’obbligo di istituire canali di segnalazione entrerà in vigore dal 15 luglio 2023, per i soggetti privati con 250 o più dipendenti e dal 17 dicembre 2023 per i soggetti privati con 50 o più dipendenti.
Fino ad allora, le società interessate saranno tenute a valutare gli eventuali sistemi esistenti e, comunque, ad adeguarsi alla nuova disciplina adottando canali di segnalazione rispondenti ai requisiti del Decreto, anche dal punto di vista del trattamento delle dati personali e sicurezza informatica, sensibilizzando nel contempo i destinatari sulle finalità e modalità di utilizzo dei canali di segnalazione e sulle misure di protezione previste dalla legge.
In collaborazione con Nicola Lattanzi e Martina Lucchetti, Pirola Pennuto Zei & Associati
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