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Vincent Bollory, un impero costruito su scioperi finanziari

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Ciò può sembrare paradossale quando, per trent’anni, il nome di Vincent Bollory è stato associato a numerose incursioni e battaglie di borsa, ma il magnate bretone non era abituato a sollecitare offerte: faceva di tutto per evitarle.

Certo, in passato, ha lanciato una serie di offerte pubbliche quando si trattava di razionalizzare una serie di holding o di riorganizzare il suo impero qua e là. Nel 2017 Vivendi ha riacquistato tutta Havas in borsa, avendo acquisito dal Groupe Bolloré una quota del 59% della società di telecomunicazioni: da segnalare però che l’artista è riuscito a varcare la soglia del 30%, senza lanciare un’offerta di buyout .

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Ma per quanto riguarda le sue vittorie, il signor Bollory si è attenuto a questo principio: perché pagare il 100% del capitale con un premio, quando puoi stare a casa solo al 15%, senza premio? Basta nominare gli amministratori, è meno costoso. Forte di questa convinzione, M. 27% ha cercato di rimanere al di sotto del 30% della maggior parte delle sue prede, per evitare di lanciare un’offerta di acquisto forzata.

Strategia di accelerazione lenta

Il metodo si è dimostrato. Con questo sistema, insieme a tanta pazienza e convinzione, il signor Bolloré, all’inizio degli anni ’90, ha acquisito la collezione Rivaud, un antico patrimonio coloniale che va dalla gomma di Padang alle miniere di Calle Saint Therese, per poi fare irruzione nel armatore Delmas-Vieljeux. Nel 2005, quando afferrò Havas subentra, durante un’epica assemblea generale, possedendo il 20% del capitale. Pochi anni dopo diventa l’uomo forte di Vivendi, con una quota del solo 5%, che ha consolidato negli anni, arrivando oggi al 27%.

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E se per caso questa strategia di lento strangolamento non funziona, perché l’obiettivo si è rivelato troppo arduo, Breton è sempre riuscito, finora, a rivendere le sue azioni realizzando buone plusvalenze. È il caso, ad esempio, della sua partecipazione in Bouygues, ceduta nel 1998 ad Artemis, la holding della famiglia Pinault. Nel 2012, il miliardario ha raggiunto il crollo, vendendo all’inserzionista giapponese Dentsu la sua partecipazione del 26% nella società britannica Aegis.

Essendo entrato nella capitale sette anni fa, il signor Bollore stava considerando di portare questo specialista di acquisti di spazio con Havas, ma la città ha a malapena avuto un assaggio dello scenario raccapricciante di acquisizione. Il caso sembrava partire male, così come l’attentato in corso a Telecom Italia in Italia: non importa, l’assegno da 900 milioni di euro pagato dai giapponesi ha permesso al pragmatico manager di finanziare l’aumento di capitale di Vivendi.

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